22 e 23 Luglio 2016
Apertura: 18.00
Il collettivo artistico CHIBA presenta la sua seconda mostra collettiva dedicata all’arte contemporanea, Chiba Exhibition, che vede un gruppo di artisti internazionali proporre la propria ricerca sull’intersezione di differenti identità, culturali e virtuali, e sul rapporto dell’uomo con il proprio ambiente e la tecnologia.
GLI ARTISTI
Domenica Barahona è un'artista ecuadoriana che ha sviluppato durante gli ultimi tre anni un progetto orientato principalmente sulla cultura e la società dell’Ecuador, paese in cui esiste una fusione tra le culture precolombiana, occidentale e, in minor impatto, africana.
Nell’epoca della colonia i primi meticci hanno avuto vari problemi d’identità, poiché non si sentivano parte di nessuno dei gruppi etnici. Oggi la maggior parte della popolazione si considera meticcia e il razzismo dei bianchi verso gli indigeni è poco comune. Tuttavia si mantiene un
risentimento sociale da parte degli indigeni o meticci di classe bassa verso i bianchi o meticci di classe alta, poiché questi ultimi hanno ancora un potere d’acquisto superiore. Nonostante i problemi sociali che esistono e che probabilmente continueranno, le persone hanno il dovere di accrescere l’amore per una fusione che è alla base della cultura, della società e del modo di vivere la vita tipica degli ecuadoriani.
L’artista cerca di raccontare storia, la cultura e la società ecuadoriana a coloro che non la conoscono, e si rivolge a chi fa parte di questa fusione per motivarli a sentirsi orgogliosi di essere frutto di questa storia, di avere una propria identità culturale e di vivere in una società unica.
Anche l’artista tedesco Patrick Ostrowsky riflette sull’identità culturale di un luogo appellandosi al concetto di “genius loci”. Il suo aspetto più importante è la forza con la quale un luogo viene dotato del suo significato e della sua necessità. Un luogo comune diventa qualcosa di più, un posto dove si può incontrare un potere speciale che si radica profondamente nell’interazione con il posto stesso. Niente è lì per caso. Gli elementi sono tutti lì a causa della loro necessità di rappresentare e supportare l’entità del posto. La scelta della pigna ha un'origine profondamente connessa a Roma. Esse si trovano sparse in tutta la città, come oggetti artificiali che coronano l’entrata di un palazzo o una scalinata, come fontane o come compagni naturali che ci accompagnano attraverso i parchi e per le strade. La pigna è anche celebrata da una scultura presente nel Vaticano: nel Cortile del Belvedere del Bramante si trova una pigna bronzea fiancheggiata da due pavoni che bevono.
Bruno Lorenzon porta invece alla estreme conseguenze il concetto di fusione culturale.
La sua ricerca parte da un’attenta riflessione sul consumo iconografico della società odierna. “The Buddha’s Tale” è una raccolta di sculture che propone in chiave Post/Pop icone quali il Buddha Grasso cinese accostato a caramelle M&M’s o patatine McFries. Un lavoro che critica e affronta con ironia il sovraffollamento visivo contemporaneo e l’idolatria delle immagini e dei simboli.
Francesco Palluzzi cerca di conciliare non due differenti culture, bensì due diverse dimensioni della nostra individualità: una legata alle dinamiche relazionali e al mondo esterno, l’altra rivolta all’interiorità, ai contrasti e meccanismi che la abitano a cui non sempre prestiamo la giusta attenzione. Le composizioni che nascono dalla sua attitudine introspettiva sono assimilabili a immagini oniriche: agglomerati di parti anatomiche tese e torte in modo innaturale, che emergono da sfondi astratti nebulosi o geometrici.
Roberta Bartolomucci presenta il lavoro “The rule of 150”. Questo lavoro interroga, all’epoca di Facebook e degli altri Social Network, il limite dei rapporti relazionali in funzione dei nostri reali bisogni, attraverso una raffigurazione ispirata alla formulazione dell’antropologo inglese Robin Dunbar. Tale formulazione, detta “Numero di Dunbar” o “Regola dei 150” rappresenta il limite teorico di persone con le quali un qualsiasi soggetto può mantenere e coltivare stabili rapporti sociali. Utilizzando centocinquanta calchi in gesso dell’osso frontale umano, sede dell’attività mentale cosciente, si vuole rappresentare fisicamente questo limite cognitivo. Ogni osso è visto
come contenitore materiale delle nostre relazioni.
Federica Di Pietrantonio con la sua serie di lavori “Mementos” riflette sul ruolo della multimedialità nella nostra quotidianità, con le sue influenze positive e negative. Particolare attenzione viene posta ai rapporti interpersonali, familiari e non, attraverso un sentimento di transitorietà e sospensione. L’utilizzo di materiali quali francobolli, carta di quaderno, fotografie dell’archivio personale di famiglia e filo da cucito sono parte integrante e fondamentale del percorso di ricerca.
Elisa D’Urbano ha intrapreso una ricerca sulla percezione e la rielaborazione grafica degli stimoli a cui siamo sottoposti trovandoci immersi in una situazione spazio-temporale. Con il trittico “Passanti in strada” si vuole rappresentare la libertà e la ricchezza con cui il cervello sintetizza gli input che ci arrivano anche da situazioni apparentemente banali come una passeggiata in strada, attraverso la varietà di tecniche, superfici, ed elementi grafici che vanno dal graffio grezzo a elaborazioni 3D stampate.
Ciò che le interessa è soprattutto capire come le nuove tecnologie influenzano il nostro immaginario e la nostra rappresentazione del mondo, e come esse ci offrono la possibilità di creare un nuovo linguaggio.